Come la donna selvaggia è stata addomesticata.
L’ecofemminismo e la caccia alle streghe

Gennaio 15, 2022 1201 Visite Caterina

Un giorno di tanti anni fa stavo facendo una delle mie solite passeggiate in campagna e dal nulla mi venne un flash alla mente.

Pensai a quanto fosse simile il destino della terra e della donna, e non solo nella sua somiglianza simbolica. Intuii una stretta relazione tra la violenza subita dalla natura e i continui elenchi di femminicidi di cui sentivo ogni giorno.

Mi sforzai un po’ per cercare di capire in che modo fosse vero, ma ero troppo digiuna di femminismo per cogliere a fondo la profonda intuizione che invece mi aveva attraversato. Riuscii a pensare solo in superficie, quel significato profondo lo capii solo molti anni dopo.

La violenza verso la donna stava nel problema della natura, la perdita della donna selvaggia, e la perdita della natura selvatica erano accomunate da quella mano umana che le uccide e le sfrutta. Ma questo come ho detto lo capii solo anni dopo quando si ripresentò il problema.

On the shore of Lake Eire (1906), Charles Courtney Curran, olio su tela

 

Stavo leggendo un saggio ormai introvabile, dal titolo La luna nera: il potere della donna e la simbologia del ciclo femminile. La teologa Jutta Voss, poneva il seguente interrogativo

Come è successo che il cinghiale selvatico si è trasformato in un maiale domestico?

Quel cinghiale, simbolo della natura selvatica e indomita, e quel maiale di quella natura addomesticata, e controllata.

Per Jutta Voss il maiale, simbolo divino di fecondità era la metafora più calzante per parlare della donna. Muoiono le donne selvagge nella misura in cui lo fa la natura selvatica, in una continua perdita inarrestabile di biodiversità.

E sembra facile parlare di natura e donna e stare tranquilli come se questo legame fosse innocuo e non (anche) frutto di un pericoloso pensiero attentamente inoculato in noi dai tempi della caccia alle streghe.  

Purtroppo infatti, c’è anche l’uso strumentale di quel legame donna terra. Un concetto costruito ad hoc per sfruttare le donne nel momento in cui prese forma il capitalismo e guarda caso con lui… la caccia alle streghe.

 

 

Dove voglio arrivare esattamente?

 

Mi rendo conto che non basta spiegare con le metafore un discorso tanto complesso. E premetto che tale ragionamento vuole essere un’analisi volta a mettere in discussione un modello sociale che non uccide solo la donna ma anche la natura. 

Ritratto di Saffo, Pompei


Quando affermo che la relazione donna/natura è un gioco pericoloso mi riferisco al concetto donna/cultura. La donna ha sempre conservato un rapporto di intima relazione con a natura ma è esso è stato anche usato contro di lei per poterla escludere dalla sfera culturale (a uso esclusivo maschile), essendo lei “definita” incapace di ragionare, e dunque unicamente di darsi alle fatiche della campagna, alla maternità e al servizio dell‘uomo.

Oggi posso senza dubbio confermare che c’è un rapporto strettissimo tra la scomparsa della natura e della donna, che la logica della dominazione, della violenza perpetrata su di essa è la medesima mano che uccide nei femminicidi. Che lo stupro delle sue foreste è il medesimo della cultura dello stupro subita dalle donne.

Quel rapporto non è soltanto simbolico, mistico ma molto di più.

Ninfe danzanti al flauto di Pan (1920), Joseph Tomanek

Donna e natura giocano pericolosamente tra loro, e se si rimane solo nella superficie degli archetipi, si finisce per restare ingarbugliati nelle trappole delle streghe che vissero prima di noi.

 

 

La religione della terra: la natura simbolicamente donna

 

Venere di Willendorf

La relazione donna e terra sorge ai meandri della storia, quando gli uomini associarono simbolicamente la madre alla terra. In quel tempo il culto sacro della Dea Madre scandiva i cicli stagionali e la terra moriva e nasceva ciclicamente dal seme depositato.

La donna conoscitrice delle erbe e dei suoi misteri ne era custode, e se ne fece indiscussa depositaria. Per 30000 anni era stata la terra ad essere principio vitale. Cambiarono le civiltà ma fu sempre lei la Grande Madre generatrice all’origine della vita.

Ci fu un momento però in cui quella società matrifocale o matriarcale (difficile avere certezze in merito), che aveva fatto della vita e della morte i suoi misteri, piano piano mutò in una visione sempre più androcentrica riducendo definitivamente a schiava la terra e con essa la donna.

 

La donna: terra passiva da fecondare

 

Fu quando la terra e l’aratro divennero i simboli della fecondità; quando la terra accogliente pronta a ricevere e il vomere dell’aratro pronto a fecondarla si incontrano metaforicamente.

Da quel momento in poi la donna divenne la terra passiva da fecondare, e l’aratro l’uomo attivo pronto a sfruttarla. E quel rapporto d’equilibrio, quella relazione donna e terra iniziò ad essere usato come un rapporto manipolativo a danno del principio femminile. È la nascita della società moderna, del capitalismo. Una relazione innocua che divenne prestissimo pericolosa e dannosa.

 

La caccia alle streghe e il patriarcato

 

Se scaviamo ai meandri della società patriarcale quello che spiccherebbe subito è come esso non si sorregga con la sua sola forza ma utilizzi altre strutture collaterali affinché se ne consenta il mantenimento: la supremazia bianca, l’eterosessualità e il capitalismo.

E credo che siamo tutti d’accordo nell’affermare che la caccia alle streghe non avvenne per ragioni magiche o superstiziose, infatti la magia era esistita da sempre, aveva attraversato i secoli giungendo indisturbata fino all’impero romano.

È solo a partire dal basso Medioevo, verso il XIV secolo ossia quando iniziò la crisi del sistema feudale che si parlò di stregoneria e si aprirono i primi processi alle streghe. Tutto questo arrivò fino a oltre il XVI secolo, raggiungendo il suo picco con l’Inquisizione e i roghi.

Fu a questo punto che la donna divenne vassalla. La sua relazione con la terra, la sua capacità di produrre beni materiali e di sopravvivenza rappresentarono un grave ostacolo allo sfruttamento delle risorse della terra e dell’attuazione di un giovane capitalismo.

Come sostiene la filosofa Silvia Federici, non sappiamo se la caccia alle streghe avvenne con questo preciso obbiettivo, con quella volontà esplicita, ma di sicuro fu l’elemento determinante che creò il capitalismo e rafforzò definitivamente il patriarcato.

Il capitalismo si servirà della schiavitù e della sottomissione della donna, i boschi e le foreste verranno trasformate in terre da sfruttare.

Sarà intorno al 1750, che mentre si concludeva la caccia alle streghe iniziava la rivoluzione industriale, saldando definitivamente il legame tra capitalismo e patriarcato.

 

 

L’Ecofemminismo: se liberi la donna, liberi la terra

 

Ecco perché a partire da queste riflessioni nacque il movimento ecofemminista.
La logica del capitalismo infatti prevede due cose: le risorse da sfruttare e il controllo delle risorse.

Due punti che vengono subiti sia dalla terra in forma diretta, che dalla donna.

Secondo l’ecofemminismo, se questa logica di sfruttamento non viene decostruita per entrambe, le lotte ecologiste o femministe da sole non riusciranno nei loro obbiettivi.

Ed ecco perché è impossibile la liberazione di una sola delle due parti. Senza la liberazione della donna non potrà mai avvenire la liberazione della natura, e viceversa.

Le ecofemminste Vandana Shiva e Maria Mies nel loro libro Ecofeminism, propongono una logica antitetica a quel capitalismo che fece bruciare le streghe appropriandosi delle loro terre.

Queste attiviste sostengono che sia possibile una vita fatta di valori di reciprocità, basati sul dare e ricevere, volti all’assistenza e al rispetto di ogni specie vivente. Una società basata sulla cooperazione, in cui le risorse utili sono quelle di cui si ha realmente bisogno. Un concetto diverso di libertà, una libertà in cui i limiti nascono dai bisogni della natura stessa.

Questo tipo di libertà non è più intesa in chiave illuminista, non è determinata dall’individualità ma da valori di reciprocità e condivisione, come un’unica famiglia sulla terra. Una società volta al rapporto paritetico con la donna e con la terra, non colonialista, non di sfruttamento, non di subordinazione e gratuità ma di amore reciproco.

 

Solo un sogno?

 

Vandana Shiva at the Save The World Awards show 2009

Se l’idea di libertà, amore reciproco e assistenza alla vita sembrano le chiavi di una società utopica e troppo ideale, allora quale?

Di fronte a dubbi simili ripenso a Pasolini che osservò che il danno più importante del capitalismo non si sarebbe limitato allo sfruttamento e all’omologazione distruttrice dell’autenticità ma soprattutto nel riuscire a imporre, attraverso l’industrializzazione, l’impossibilità di pensare a un’ideologia che non fosse quella del consumo.

Oggi di fronte al bivio impostoci dalla Terra e dalle sue risorse limitate non solo abbiamo l’obbligo di interrogarci ma anche accordarci in primis la possibilità di sognare un mondo diverso. E non tra tanto tempo.

 

Perché in fondo, sognare è gratis e se ci saranno gli strumenti, i mezzi e le parole l’obbiettivo sarà molto piu’ vicino alla realtà di quanto non siano i sogni.

Ecco perché Vandana Shiva afferma che le donne saranno le guardiane del futuro, perché è nella sintonia con la vita, nella continua autoriflessione che la donna compie di se stessa e del mondo, che è deposto il seme della libertà per la terra, e il nostro futuro di umanità.

 

 

 

Bibliografia

Libri:

Simone de Beauvoir, Il secondo sesso, IlSaggiatore, Milano 2016
Jude Ellison Sady Doyle, Il mostruoso femminile, il patriarcato e la paura delle donne, Tlon, Roma, 2021
Silvia Federici, Caccia alle streghe, guerra alle donne, Produzioni Nero, collana Not, 2020
Vandana Shiva, Maria Mies and Ariel Salleh, Ecofeminism, Zed Books Tdt, parte di: Critique Influence Change, 2014

Jutta Voss, La luna Nera: il potere della donna e la simbologia del ciclo femminile, Red edizioni, Milano, 1996

Articoli:

http://ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=19494

1 Comment

  • Non avevo mai pensato al rapporto donna – terra che tu descrivi in termini relazionali, e non solo in modo simbolico, bensi con concretezza! Un’analisi condivisibile e affascinante che apre riflessioni sociologiche e psicologiche complesse.

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