Il velo, una dichiarazione femminista di libertà

Gennaio 10, 2018 12822 Visite Caterina

 

Portare il velo per una ragazza musulmana è obbligatorio?

Molt* di voi forse risponderà – SI – sebbene invece la risposta sia NO.

E questa idea nasce da una percezione distorta che il mondo occidentale conserva verso i paesi arabi, visione spesso stereotipata e confusa. 

Il velo infatti non è obbligatorio per legge in quasi nessun paese islamico, tranne per quattro: Iran, Arabia Saudita, Afghanistan e Pakistan.

L’obbligo di velarsi per le donne riguarda esclusivamente i luoghi sacri e i rituali.

Sorpresi? 

E allora perché le donne lo indossano?

Se c’è nella vostra mente una possibilità remota in cui le donne lo scelgono allora eccovi servit*!

 

Il velo, un indumento di tutte le religioni

 

L’uso del velo è molto antico. Oggi è per tutti il simbolo delle donne musulmane ma il velo ha assunto un significato importante non solo per le donne musulmane ma anche cristiane, induiste ed ebree.

Veli e foulard hanno fatto parte della storia delle donne, usati per sedurre, per pregare, per i lutti e ancora oggi per sposarsi.

Anche nella religione cristiana fino agli anni ’60 le donne erano obbligate a portare i copricapi in chiesa, le nostre nonne ancora oggi indossano i fazzoletti per cultura, e nella contemporaneità è ancora d’obbligo indossarlo per le suore.

Lo stesso vale per le donne ebree che indossano il tichel, copricapo delle donne sposate. Ma le donne islamiche vengono osservate con un occhio indagatore diverso.

 

 

L’equivoco del velo

 

“… Oh Profeta, dì alle tue spose, alle tue figlie e alle donne dei credenti di coprirsi dei loro veli, così da essere riconosciute e non essere molestate. (Corano, 33,59)

 

Questo è il versetto del corano da cui origina il velo.

Il velo non è islamico ma si tratta di un costume sociale e culturale. È stato affermato dall’eminente Universitá Al Azhar, la più prestigiosa istituzione islamica araba e il più autorevole centro teologico sunnita. 

L’autorevolezza di questo istituto, che ha affermato che il corano non dice affatto che le donne debbano indossare il velo, ha scosso tutto il mondo islamico.

Il gesto che ha colpito di più è stato il conferimento della lode a una tesi in cui si sottolinea come l’interpretazione del versetto decontestualizzato storicamente abbia portato a un equivoco sul velo e che le donne non siano dunque affatto obbligate a portarlo. 

Il velo non è quindi una prescrizione coranica ed è infatti obbligatorio esclusivamente nei paesi fondamentalisti più rigorosi che prevedono per le donne norme rigide e disumanizzanti che vanno ben al di lá dell’obbligo del velo.

 

 

 Vari tipi di velo islamici

 


Veli meno restrittivi

 

I tipi di velo islamico cambiano da paese a paese ma quando si parla di velo musulmano ci si riferisce per tutti all’HijabQuesto tipo di velo è di vari colori e grandezze e copre i capelli e il collo. L’hijab è il più utilizzato in Occidente.

Lo Shayla invece è una sciarpa che avvolge la testa e viene fissata sulle spalle, usato principalmente dalle cristiane arabe. Infine, il Al-Amira composto da due veli: il primo che serve a segnare il bordo del volto e il secondo che copre la testa e il collo.


Veli più restrittivi

I veli più restrittivi riguardano per lo più i paesi dove l’uso del velo è obbligato dalla legge.

Tra questi si distinguono il Chador, che è un lenzuolo di colore nero che copre tutto il corpo lasciando scoperto l’ovale del volto. È indossato in Iran soprattutto dalle donne più devote e fedeli al regime.

Il Niqab che è un lenzuolo di colore nero che lascia scoperti solo gli occhi. Questo “vestito” origina da certi movimenti radicali dell’Islam situati per lo più in Arabia Saudita. 

E infine il Burqa, che è un lenzuolo integrale di colore azzurro, che è voluto dai talebani e viene indossato in Afghanistan e Pakistan.

 

 

Velo? Quale velo? Ma se il velo non si usava!

 

Sembra che il velo venisse utilizzato nelle primitive comunità islamiche solo per differenziare le classi sociali.

Nei paesi arabi tra il 1800 e 1900 si discuteva addirittura sul dismetterne l’uso. Il primo paese che lo abolì fu la Turchia di Ataturk in quanto andava contro la laicità di stato.

Fino agli anni ’80 in Iran non si indossava e in Algeria negli anni ’90 la maggior parte delle donne era vestita all’occidentale. Il velo fu abbandonato dalla maggior parte dei paesi musulmani fino agli anni ’70.

Ma allora cosa è successo?

 

Libertà o condizionamento?

 

Se i paesi come Iran, Arabia Saudita, Afghanistan e Pakistan impongano l’uso del velo con gravi diktat legislativi, non è lo stesso per gli altri paesi in cui la religione islamica rimette alla donna la scelta e la decisione di utilizzarlo.

Chiaramente questo non toglie che esistano anche delle pressioni di tipo culturale o talvolta religiosa che possano indurre le donne a sceglierlo. Ma se si parla dell’intero mondo islamico non possiamo certo affermare che questa pressione esista sempre o sia sempre assoluta. Non esiste infatto alcuna obbligatorietà, il velo è una scelta che spetta alla donna.

 

In occidente picchiano le donne che non indossano il velo?!

 

Non possiamo fare a meno di pensare ai casi di cronaca in occidente, che evidenziano casi di violenza domestica e di assoggettamento di donne che subiscono violenza per non indossare il velo.

Prima di tutto dobbiamo partire da una riflessione, e domandarci come mai quando si parla di soggetti razzializzati, il caso singolo finisce per essere sempre rappresentativo e responsabile di un’intera comunità, al punto che questa debba sottrarsi da tale gesto in maniera pubblica e plateale per prenderne distanza.

Il singolo fa la norma della comunità razzializzata, “sono tutti così”. Eppure questa regola non viene estesa alla comunità bianca. A nessun* bianc*, di fronte all’ennesimo caso di violenza o femminicidio viene domandato di sottrarsi come comunità da quel tale gesto, ad esempio affermando pubblicamente che “non tutti gli uomini bianchi sono violenti”.

Quando si tratta di soggetti bianchi infatti un caso singolo non rappresenta la totalità, cosa che accadde però in caso di soggetti razzializzati.

In secondo luogo dobbiamo ricordarci che le donne che vengono picchiate – sotto la scusa-  del velo, vengono picchiate per ragioni identiche a quelle che per cui oggi in Occidente viene picchiata una donna. La violenza brutale della dinamica patriarcale infatti non risparmia alcuna società ed è impensabile accusarne una e derimerne un’altra. Pensare che una dinamica di violenza domestica per la questione del velo accada per ragioni legate al velo come oggetto religioso equivale a credere che un uomo occidentale faccia violenza alla sua compagna perché non ha cucinato, o per gelosia, o perché si era vestita in un dato modo (scuse usate spesso da soggetti violenti). Ma le cause di violenza erano da ricercare in tali scusanti o in un sistema complesso di pensiero che pone la donna dentro una dinamica specifica di potere di genere? Oggi sappiamo per certo che la risposta è la seconda.

 

Questa violenza non ha a che vedere con i precetti religiosi ma con un modello di oppressione fortemente patriarcale e androcentrico che si maschera dietro l’attenuante religiosa.

Non dimentichiamoci che la violenza becera si mimetizza sotto i volti della religione, della gelosia, della rabbia, dell’alcol, ma non nasconde nient’altro che la più meschina idea di sottomissione femminile, di odio e dominazione, che vuole umiliare, assoggettare e farsi obbedire dalla donna.

E in quanto a violenza becera verso la donna, a quanto pare, non siamo campioni nemmeno in Occidente.

 

L’imposizione del burqa

 

Altra storia riguarda il niqab o il burqa, forme orrende di sottomissione e umiliazione non solo della donna in senso specifico, ma dei suoi diritti umani.

L’uso obbligatorio del burqa o del niqab è un atto violento contro la dignità della donna che non può essere accettato come normalità o paragonato al velo come scelta libera in alcun modo.

Lo stesso vale per l’obbligatorietá del velo imposta da certe linee radicali islamiche che non ha a che vedere con le donne musulmane libere che valutano, riflettono e scelgono di indossarlo o non indossarlo.

 

Perché le donne scelgono il velo

 

Le ragioni che portano le donne a indossare il velo sono molte e diverse e non ve lo spiegherò io ma queste due giovani musulmane che si confrontano sul velo e non pensano che quest’indumento sia un limite alla loro libertà.

                             

La scelta del velo è per le donne che vogliono portare in prima linea il loro essere musulmane. È un atto di verità religiosa e di fede poiché mostra ciò con cui si identificano; invece di tenerlo per sé lo espongono.

Il velo porta avanti un’identità personale, un attitudine e un modo di essere. È un messaggio che chiede preventivamente un tipo di atteggiamento rispettoso nei propri confronti in quanto musulmane. Sulla base di questo, alcune donne scelgono di indossarlo e altre no.

Alla luce di ciò, non è strano che venga indossato così tanto in Occidente da generazioni figlie di madri che non lo portavano. Si capisce che il velo diventa anche una “rivendicazione culturale” e un modo per rafforzare la propria identità.

 

 

Libere di scegliere o no?

Per molte donne islamiche il fatto di negar loro la possibilitá del velo è l’ennesimo atto di sottomissione della donna, che ancora una volta non può scegliere per se stessa cosa indossare o meno. È un pensiero colonialista che insiste nell’alimentare la relazione di potere tra la società che si autocelebra come civilizzata e che domina una società incivile dominata a sua volta. Inoltre poiché la libertà riposa anche sulla libertà di indossare ciò che la donna sceglie, questo vale non solo per i femminismi occidentali ma anche per i femminismi arabi.

Se infatti da un lato le donne combattono contro l’obbligo del velo di alcuni paesi di linea radicale, dall’altro combattono contro un occidente che vorrebbe che non lo indossassero, come accade per certi movimenti femministi che vorrebbero liberarle.

Dove si trova la libertà di scelta femminile se si impone loro il codice d’abbigliamento da acquisire? 

Come afferma Leila Ahmed, non possiamo valutare il livello di emancipazione delle donne arabe dal loro livello di occidentalizzazione. E che, come le donne occidentali, anche le donne musulmane devono rifiutare la cultura androcentrica di qualsivoglia tradizione come già invitano a fare i movimenti femministi arabi.

Emancipazione peró, continua la Ahmed, non significa adottare costumi, valori e stili di vita della cultura occidentale. L’emancipazione delle donne occidentali infatti non è mai avvenuta per aver adottato i costumi di un altro popolo.

 

Velate o svelate è la dicotomia che intercorre tra le donne islamiche e occidentali.

È difficile per una società come la nostra, laica e sopraffatta dalla nudità, comprendere la scelta religiosa del velarsi.

E anche se scegliere il velo ci sembrerà assurdo e non la condivideremo, il superamento della dinamica discriminatoria di genere e colonialista ci chiede di ergerci tanto in difesa delle donne che sceglieranno liberamente di indossarlo, tanto con quelle che come in Iran lottano contro l’obbligo di adottarlo.

Inoltre non dobbiamo dimenticare che i movimenti di emancipazione sono sempre accaduti attraverso il risveglio della consapevolezza del nostro valore, di ciò che siamo ma anche di ciò che sono gli altri.

 

E e possiamo ragionare all’infinito ma fino a che non cambieranno le radici strutturali di un pensiero androcentrico distorto e di un’immagine sfocata della realtà oggettiva, combatteremo inutilmente, e tutto resterà sempre uguale, in Oriente e in Occidente.

 

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Bibliografia

Libri:
Leila Ahmed, Oltre il velo, La nuova Italia, Firenze, 1995
Zatti Nadia, Ho un cervello sotto il velo!: il punto di vista delle donne musulmane, Cavinato editore international, 2013

 

Articoli web:
Di Marco Lella, L’ossessione occidentale del velo e il corpo della donna come prodotto sociale, istitutoeuroarabo.it
Farris, Erika, Il velo nell’Islam: “Una scelta libera e consapevole” il fattoquotidiano.it
Gagliardi Andrea, L’islam, velate e svelate. L’Islam, il velo e il Corano: contrasto tra gli esperti, kataweb speciali, kataweb.it
Moual Karima, Per i saggi del corano il velo non è islamico, lastampa.it
Khaled Fouad Allam, La legge del Corano non impone il velo, storiaepolitica.it

Meotti Giulio, L’Islam senza velo, Il foglio.it 
Sisti Rossana, Tra modernità e integralismo. I molteplici significati del velo, l’avvenire.it 
Zakaria Rafia, Anche Barbie ha diritto di indossare il velo, l’internazionale.it 
Zamboni Francesca, Il velo islamico tra tradizione e sottomissioneN. 42 – Giugno 2011 (LXXIII), instoria.it

Interviste:
Giorda Maria Chiara, Il velo islamico una prescrizione o una scelta? intervista a Jalila Ferrero e Sara Hejazi, intervista reperibile sul sito SEIidr.it alla pagina: http://idr.seieditrice.com/interviste/

Murgia Michela, «Così le donne hanno salvato l’Algeria», Michela Murgia intervista Khalida Toumi, Dal numero di pagina99 in edicola il 12 novembre 2016intervista reperibile alla pagina web: http://www.pagina99.it

Romanelli Donatella, “Veli svelati”. Soggettività del velo islamico. Interviste di Donatella Romanelli, Italia 2007. Articolo e interviste reperibili sul sito http://www.storiemigranti.org/spip.php?rubrique97

4 Commenti

  • In una lettera di Paolo di Tarso a Timoteo si legge: «La donna impari in silenzio, in piena sottomissione. Non permettete alla donna di insegnare né di dominare sull’uomo; rimanga piuttosto in atteggiamento tranquillo. Perché prima è stato formato Adamo e poi Eva; e non Adamo fu ingannato, ma chi si rese colpevole di trasgressione fu la donna, che si lasciò sedurre».

    In questo trafiletto cristiano si evince la condizione di peccaminosità riguardante la donna e che ha permeato per secoli le religioni, rendendole refrattarie in modo particolare alla sessualità femminile percepita come un qualcosa di peccaminoso.

    L’uomo ne rappresenterebbe la sola vittima; Adamo “mangiò la mela ” accettando la seduzione femminile e quindi peccando . “Peccato originale del cattolicesimo”.

    Va osservato che nei paesi islamici le norme etiche ad origine religiosa forgiano le regole sociali (fondamentalismo) ma il fatto che l’uso del velo in taluni di questi paesi non sia obbligatorio, ciò non alleggerisce la condizione femminile proprio perché la norma etica ha valenza “impositiva” che si spinge molto oltre la regola giuridica anche quando questa non ne risulti condizionata formalmente.

    Il velo, dunque, rappresenta a mio avviso molto oltre il concetto libera scelta la necessità di nascondere la vera natura femminile; la sessualità della femmina e la sua fonte peccaminosa .
    (…ma quanto può essere libera una scelta condizionata da una cultura etica radicata nei secoli?…)

    A questa per essere accettata e tollerata affianco all’uomo, le si propone-impone il velo cosi che da femmina “diventi donna”.
    Ciò determina discriminazione, sottomissione all’uomo ed ulteriori ricadute sia sul piano della relazione interpersonale con l’altro sesso sia all’interno della società stessa, dove appartenere al sesso femminile individua, comunque ed in ogni caso una condizione di “impurità’

    Credo che questo tipo di valutazione interpretazione coinvolga quasi tutte le religioni fatta eccezione, forse per il buddismo dove la corporeità è vissuta come parte integrante dell’essere e la sua stessa dottrina guarda caso non è del tutto assimilabile alla religione in senso stretto
    (vedi il testo di Herman Hesse Siddharta)

    L’origine di questa “perversione mentale” va ricondotta in qualche modo alla centralità della figura maschile e ad una qualche sua disfunzione psichica. L’egocentrismo della forza fisica e psicologica di quest’ultimo, ha finito per condizionare l’esistenza femminile e non solo, ma anche quella di tutto il pianeta!
    “ la parola interpretativa dunque, non ai sociologi, ai filosofi, ai teorizzatori in generale bensi agli psicologi e psicoanalisti. ! 😉

    • Condivido il fatto che le religioni abbiano sempre predeterminato l’atteggiamento sociale nei confronti della donna e questo fatto è dovuto proprio all’assunto di inferiorità femminile imposto dai tre cardini: famiglia, stato e religione (da cui non si esclude nemmeno il buddismo di cui non entro nel merito).
      Quest’idea non ha a che fare non con le religioni in se stesse, ma con un modello patriarcale che fu applicato a tutte le espressioni sociali (tra cui le religioni).

      La peccaminosità ha a che vedere con la volontà dell’uomo di possedere la la donne come un oggetto privo di pensiero. Quest’idea è proprio all’origine dello stampo patriarcale.

      Nel mio articolo non compare mai la parola condizione femminile. Il mondo arabo infatti è troppo vasto per analizzare la condizione femminile in senso generico.
      Stiamo parlando di una religione estesa in paesi molto diversi culturalmente (circa 1, 6 miliardi di persone), con modi diversi di intendere la religione e la donna. Questo succede perché non esiste un’autorità assoluta come il papa.

      Sebbene come ho detto non ci sia un’imposizione del velo, quello che cambia è probabilmente l’atteggimaento maschile verso le donne che, come dici tu, vengono considerate più “donne”. Per tale pressione però non è corretto parlare di obbligatorietà religiosa, in quanto nessuna legge religiosa dice che la donna debba indossare il velo (estremismi esclusi).

      Riguardo alle donne invece, non sono d’accordo sull’idea che si sentano più donne col velo. Ho ragioni per credere invece che il velo sia per loro un oggetto religioso come indossare un rosario, e che non le renda più “donne” ma più “religiose”.
      Una forma a noi sconosicuta di laicità religiosa che potrebbe trovare una maldestra corrispondenza nelle prioresse.

      Come ho detto, credo che le donne subiscano più una pressione sociale (come il provenire da famiglia di donne che lo indossano) che religiosa.

      Riguardo alla “perversione mentale”ad una qualche sua disfunzione psichica…
      Non so se possa essere considerata una “disfunzione psichica” in quanto questo dovrebbe far supporre che non si possa porre rimedio a quello che è un modello sociale educativo ben preciso trasmesso nei secoli. In questo senso troverei più corretta la parola distorsione.

      Quindi alla tua osservazione rispondo: no, non penso che ci sia una qualche disfunzione psichica, ma solo un modello sociale distorto (sia per l’uomo che per la donna) e mimetizzato e mascherato ancora nella mentalità di molti uomini e donne.

    • Il commento è ben articolato in ogni sua forma. Ma tralascia una cosa fondamentale del cristianesimo. La donna non è sottomessa (o meglio, il cristianesimo non dice di sottomettere la donna, neanche quando si leggono parole che sono state citate dalla lettera a Tito e Timoteo.
      La donna, nella visione cattolica almeno, è complementare all’uomo (presi singolarmente, sia l’uomo che la donna, è come se gli mancasse qualcosa, ma uniti, formano qualcosa di essenziale.

      La donna, come l’uomo, è tenuta a rispettare un certo tipo di regole. Poi si aggiungono le regole politiche (come quella che in età romana, l’uomo doveva avere assolutamente i capelli corti, ma non perché era malvisto uno coi capelli lunghi, ma perché poteva confondersi con un pagano).

      Anche in Italia, in tempi anche tranquilli, siamo stati soggetti a leggi maschiliste, ma esse non provengono affatto dal Cattolicesimo, ma da un becero comportamento di talune persone che avevano bene in mente come fare i “bulli”.

      Come si diceva, l’uomo e la donna sono uguali agli occhi di Cristo e di Dio. Quindi non c’è alcuna legge o regola morale che possa far discriminare la donna nel mondo cattolico.

  • Ottimo articolo che fa chiarezza sulle motivazioni per la scelta d’indossare il velo. Mi è piaciuto molto, l’ho scoperto per caso tramite una ricerca ma spero di poterti seguire ancora.

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