L’Halloween sardo: su mortu mortu o is animeddas

Novembre 1, 2017 2362 Visite Caterina

 

Zucche sorridenti illuminate, bambini vestiti di stracci che bussano ai portoni, e la richiesta di doni, dolci, frutta secca. Non è Halloween ma Su Mortu Mortu chiamato così dal centro Sardegna verso Nord o Is Animeddas dal centro Sardegna verso Sud.

 

La notte degli spiriti sacri

 

La somiglianza di questa festa con il famoso Halloween è davvero strabiliante, eppure in Sardegna, Su mortu mortu c’è sempre stato.

is animeddas o su mortu mortu

Sebbene gli americani siano stati eccellenti venditori nel trasformare questa celebrazione in una delle feste commerciali più redditizie degli ultimi anni non ne vantano alcuna paternità in quanto Halloween è una festa completamente di origine europea.

 

Halloween, Samhain, Su mortu mortu

 

“All Hallows Eve” traduzione che significa notte di tutti gli spiriti sacri ha origine dal popolo celtico che la onorava come Samhain, il giorno in cui i vivi ringraziavano gli spiriti per i doni ricevuti dalla terra.

La madreterra aveva regalato loro gli ultimi frutti del raccolto, e da questo momento si varcavano le porte del grande Inverno, momento del calendario che segnava l’inizio solenne del nuovo anno.

Nella notte tra il 31 ottobre e il 1 novembre, con la complicità dell’allungarsi delle ore di buio, i confini tra i mondi si assottigliavano, e in questa notte era concesso ai morti e agli spiriti della terra di venire a contatto con il mondo terreno.

 

La morte simbolica della natura

 

Nelle campagne il lavoro è sempre meno e la terra si dirige verso una lunga notte.

È il momento più propizio per riflettere sulla morte simbolica verso cui si dirigerà la natura fino all’avvento di una nuova primavera. Erano queste le prerogative di Su Mortu Mortu.

All’origine di su mortu mortu al posto delle zucche arancioni si usavano talvolta le rape, poste a imitazione dei teschi che come nella cugina Corsica venivano rubati ed esposti per far piovere. Queste rape illuminate rischiaravano la luce agli spiriti che sarrebero tornati sulla terra e avrebbero così trovato facilmente la strada di casa.


Per il bene delle anime

 

I bambini bussavano alle case vestiti di stracci per ricordare l’aspetto degli spiriti e delle anime che siano esse indifferentemente buone o cattive, e recitavano diverse frasi, da “po su bene de sas animas”(per il bene delle anime),  a “carki cosa po sas ànimas(qualcosa per le anime). Le donne offrono loro papassini, ossu de mottu, frutta secca, pane e frutti d’autunno, mandarini, castagne, melagrane, limoni e quanto gli è possibile.
La tradizione voleva che si lasciassero tali leccornie proprio in cambio di una preghiera per i propri morti e così si girava per il paese bussando porta dopo porta.

 

 

La cena del ritorno dei morti

 

Giunto infine il 2 novembre si imbandisce la tavola.

A questa una cenetta sobria siederanno le anime dei defunti perché si ristorino col profumo dei piatti lasciati sul tavolo, arricchito da qualche oggetto amato in vita dai propri cari.

Sul tavolo nessuna posata, così che ci si metta al riparo da eventuali ripercussioni dovute alla rabbia di qualche defunto.

Un cena a uso esclusivo dei morti che di conseguenza non verrà consumata il giorno dopo dai vivi.

Questo momento era estremamente suggestivo per i bambini che assistevano all’evento con curiosità e un pizzico di inquietudine.

 

La porta dell’inverno

 

La tradizione di su mortu mortu insieme ad altre tradizioni pagane segnava un momento particolare dell’anno agricolo in corrispondenza dell’ultimo raccolto e come altre festività è stata oggetto di cementificazione da parte del cristianesimo.

Oggi ci travestiamo da fantasmi, streghe o scheletri, incidiamo zucche, richiamiamo a noi le maschere più paurose della notte perché gli spiriti ci scambino per uno di loro e non ci importunino; compiamo atti ormai solo simbolici ma rinnoviamo ogni 31 ottobre una tradizione che permane, celata nel volto di una zucca che elargisce caramelle e cioccolatini po su bene de sas animas e che ci fa accogliere con più tenerezza l’arrivo imminente del grande freddo.

 

 

 

 

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