La triplice dea araba preislamica.
L’origine femminile dell’Islam

Settembre 5, 2019 8459 Visite Caterina

 

Siamo abituati a pensare che le religioni siano qualcosa di statico ma ci sbagliamo se pensiamo che i processi di trasformazione non abbiano toccato tutte le dottrine, ivi compreso l’ultimo dei culti monoteisti insidiatosi nel mediterraneo: l’islam.

Allāt (in arabo: اللات‎), Al-Uzza e Manāt sono infatti i nomi delle tre dee che costituirono la triplice dea pre-islamica venerata nella penisola araba fino all’ VII secolo d.C. Queste dee vennero venerate dal Nord di Petra alle terre della mitica Arabia Felix, giunsero a est fino all’Iran e alle terre di Palmyria, furono adorate e onorate alla Mecca.
Nella fase preislamica gli arabi adoravano i pianeti, gli alberi o i guerrieri delle proprie tribù. Non ci stupiamo dunque nell’incontrare parallelismi tra questa religione e i culti matriarcali così detti pre-islamici che vennero letteralmente inglobati nell’islam con lo stesso processo che avvenne in Europa per il cattolicesimo.

Rappresentazione delle tre dee Allat, Al-Uzza, Manat

 La storia della triade panaraba venne ricostruita attraverso alcune testimonianze che descrissero come Maometto scardinò l’antichissimo culto pagano in favore di un’unica divinità di genere maschile, Allah. Allah la versione maschile del termine Allat, la dea pagana venerata dal mondo arabo antico, citata anche nel Corano.

Furono alcuni eruditi arabi che studiando l’età dell’ignoranza, o jāhiliyy (che per i musulmani coincide con il periodo pagano precedente l’arrivo di Maometto) che riuscirono a salvare la memoria storica precedente l’arrivo dell’Islam. Fu in particolare lo storico arabo Hicham Ibn al-Kalbi che morì nell’819 (editato solo nel 1914), che testimoniò nella sua opera (kitab al-asnam il libro degli idoli), i culti e le tradizioni pre-islamiche pagane.
Senza la sua testimonianza e senza poche altre forse questa memoria si sarebbe persa.

 

 

Le tre dee pagane arabe

 

L’inizio del patriarcato nella penisola araba non è riconducibile all’Islam in senso stretto poiché il suo inizio secondo alcuni avvenne già a partire dal 400 a.C. e sembra che trovi come punto d’origine la Mesopotamia e la città di Sumer. Le tre dee pagane allora venerate vennero trasformate, assimilate e rimpiazzate in un crescendo continuo che trovò nell’Islam solo l’ultimissimo dei colpi inferti dal processo di patriarcalizzazione. 

Ma alla Mecca prima dell’arrivo dell’Islam, la tribù della Quraich (una delle più importanti tribù d’Arabia) adorava le tre dee. I nomi di queste divinità erano: Allat, Al-Uzza e Manat. Le statue delle tre dee che formarono la triade araba furono solo 3 delle 360 statue pagane che vennero fatte distruggere da Maometto.

Queste tre dee rappresentavano come in ogni matriarcato i tre aspetti della dea. Erano Al-Uzza, Allat e Manat, la madre, la fanciulla, la vecchia.

 

 

L’origine delle tre dee 

 

La MADRE: Allat

 

Allah è il maschile di Allat che significa la signora o semplicemente la dea, come Allah in seguito significò semplicemente il dio. Considerata alla stregua di Afrodite secondo Erodoto, era anche vista nel mondo greco-romano come la dea Minerva.

Il nome Allat, contrazione del termine arabo al-Illahat, secondo la testimonianza di Erodoto deriverebbe dal termine Alilat, la dea principale che fu venerata dagli arabi.
Il termine Al-ilat deriverebbe a sua volta da Lilith, vi dice qualcosa?
L’etimologia infatti non lascia mai a bocca asciutta!  Lilith, la donna che secondo l’ebraismo fu moglie di Adamo prima di Eva, cacciata e sostituita da Eva in quanto donna selvaggia e disubbidiente.
Questa dea era adorata soprattutto nella penisola del Sinai dai Nabatei e dai Palmirensi e trovava l’origine del suo culto nella città di Ṭāʾif a sud della Mecca. Aveva come simbolo la luna crescente e il leone. La luna crescente simbolo di tutto il mondo arabo, e il leone raffigurato nel tempio di Parlmiria con sotto l’incisione:

Allat benedice chi non versa sangue nel tempio.

Quando i musulmani conquistarono la città di Ta’if il profeta Maometto ordinò al suo compagno al-Mughira Ibn Shu’bah di bruciare il santuario di Allat, distruggerne le statue, gli idoli e prenderne le ricchezze. Secondo Lawrence M.F. Sudbury, Allat fu una dea della terra e uno dei culti più difficile da stroncare per l’islam. La pietra bianca, la ka’ba della dea oggetto di venerazione per i riti di fecondità stava chiusa in un struttura cubica. Questa pietra venne usata come gradino della moschea fatta erigere da Maometto come atto di sottomissione e piegamento del culto pagano.

Era il 630 d.C. e fu la fine del paganesimo arabo.

 

 

Al-uzza illustrazione di Thalia Took

LA VERGINE: Al-Uzza, la dea vergine guerriera

 

Poi  c’è Al-Uzza “la potentissima“, la stella del mattino, la venerata, nome che deriverebbe dalla dea cobra “Ua Zit” denominazione dall’antico Egitto predinastico.  Soprannominata la dea vergine non sposata, dea guerriera. Il culto di questa dea era sviluppato soprattutto nel Hijaz, l’area che oggi corrisponde alla parte nord-occidentale dell’Arabia Saudita.

Non essendoci inizialmente un santuario a lei dedicato le vennero consacrati tre alberi di acacia nell’oasi del Palmeto Siriano (Nakhla al-Shāmiyya).
Il luogo di Nakhla al-Shāmiyya venne distrutto nel 631 d.C a seguito della conquista della Mecca da parte di Maometto e le tre acacie vennero tagliate alla radice per cancellare la memoria.

 

LA VECCHIA: Manat, l’antica dea del destino e della morte

 

 

E infine Manat, o Manawayat, la più antica di queste divinità. Nome che significa destino, fato, morte, distruzione. Questa dea precedette di molto le stesse Allat e Al-Uzza. Il nome derivante dall’arabo manya, indicava la dea che intesse il destino, non diversa dalle Parche o dalle Morrigan conosciute.

Il suo culto si estendeva in gran parte della penisola araba ed era venerata soprattutto dalla tribù di Hudail, in particolare dagli abitanti dell’antica Medina, all’epoca Yathrib.

 

 

 

Il culto femminile viene scalzato dall’Islam

 

Che l’adorazione delle pietre sia legato alle pratiche pagane si sa ed è inevitabile non vedere questa traccia di paganesimo nella pratica dell’Hajj. I musulmani infatti almeno una volta nella vita dovranno andare in pellegrinaggio alla Mecca per compiere il pellegrinaggio attorno alla pietra sacra. Una volta giunti alla Mecca dovranno girare in senso antiorario 7 volte attorno alla Ka’ba, la celebre costruzione nera all’interno della quale si trova la pietra nera sacra dell’islam. 

 

La Mecca: il santuario della dea Allat

 

La Ka’ba, Mecca

All’epoca del culto delle dee arabe prima dell’avvento dell’Islam erano moltissime le pietre di venerazione sparse nella penisola araba.
Secondo le antiche cronache arabe (vedi jāhiliyy, l’era dell’ignoranza) si contavano 24 ka’ba in tutta la penisola, ognuna dedicata a una divinità. Le più note in assoluto erano quelle di Al-lat nella città di Ta’if, di Al-Uzza a Nakhlah e di Manat a Qudayd. Ma tutte e 24 le tribù concordavano una speciale venerazione per la ka’ba della Mecca. 

Alla Mecca, nella fase pre-islamica la tribù dei Quraysh venerava la triade femminile ruotando attorno alla Ka’ba. Ne porta testimonianza lo storico Ibn al-Kalbi.

 

 

Le sacerdotesse di Allat

Prima dell’Islam sembra che le custodi del santuario della dea fossero delle sacerdotesse chiamate Bathi-Sheba, ossia figlie dell’antica saggia donna.

La dea manifestata dalla pietra deposta all’interno della Ka’ba era venerata da 7 sacerdotesse che ruotavano per sette volte attorno alla pietra in adorazione rituale. Ognuno di questi giri era associato simbolicamente ai 7 pianeti maggiori: Saturno, Giove, Marte, Venere, Mercurio, la Luna e il Sole.
Ancora oggi i custodi della Kaaba vengono denominati in arabo beni-shaybah, figli dell’antica donna. Ma perché? La dea Allat veniva chiamata Saba (pronunciato Shaybah) che significa proprio donna saggia.
Anche in questa circostanza è possibile riscontrare una traccia della presenza della dea decaduta.

 

Il Ramadan e i riferimenti lunari

Un altro rimando interessante rispetto al paganesimo arabo ha lasciato delle tracce anche nel calendario islamico.

I musulmani infatti seguono l’andamento del calendario lunare che come sappiamo è un fatto noto ai pagani che conteggiano 13 mesi in relazione alle 13 lune piene dell’anno. L’uso del calendario lunare nel paganesimo era dovuto alla sovrapponibilità tra il ciclo lunare e il ciclo mestruale femminile entrambi di 28/29 giorni. Un uso legato alla centralità del culto femminile e della fecondità.

L’importanza della luna nell’esperienza del ramadan ci offre ulteriori indizi. Durante il digiuno ad esempio non è consentito nutrirsi o avere rapporti intimi se non dopo il tramonto, a partire dunque dalla presenza dell’astro. Questo fatto fa presupporre che all’origine del culto tali pratiche fossero concesse solo alla presenza della dea nel cielo.

Un altro aspetto interessante riguarda il fatto che il ramadan cada sempre il nono mese. Secondo l’Islam fu in questo mese che a Maometto fu rivelato il corano ed è per questo che il ramadan si svolge in questo mese.
Ma per noi la cadenza del ramadan nel nono mese dell’anno è un fatto alquanto curioso poiché, essendo così radicato il culto di venerazione per questa dea, è più che plausibile pensare che il nono mese rappresentasse simbolicamente l’ultimo mese di gestazione della dea. Con la fine del ramadan in sostanza si sarebbe compiuta la nascita dell’uomo purificato portato al mondo da Allat.

La fine del ramadan secondo questa interpretazione celebrerebbe quindi il parto della dea e la nascita dell’uomo nuovo, puro. Non a caso a fine ramadan questo ciclo di digiuno si potrà dire concluso solo quando la luna sarà diventata nuova.

 

 

La forma della pietra nera

 

Un altro fatto interessante è la forma della pietra nera presente alla Mecca che circondata da una cornice d’argento sembrerebbe a tutti gli effetti l’immagine di una vagina vergine.
Secondo le testimonianze del primo biografo di Maometto Ibn Isḥāq sulla pietra venivano svolti da uomini e donne dei riti di fertilità. Durante tali riti i devoti passeggiavano in senso circolare intorno alla pietra talvolta strofinandosi sopra nella speranza di aumentarne la fertilità. Questa testimonianza è un’altra traccia del paganesimo che poneva al suo centro il culto della fertilità.

La pietra nera resta senz’altro ancora oggi un’interessante eredità di origine pagana che a noi appassionati non può certamente passare inosservata. 

 

 

 

 

NOTA. Questo articolo non vuole screditare in alcun modo l’Islam ne ridicolizzare i musulmani stessi.La venerazione del culto femminile è esistito ma ad oggi esso è punito nei paesi arabi. La conoscenza storica è un diritto inviolabile che racconta chi siamo e da dove veniamo pertanto mi avvalgo di essa come strumento di conoscenza e libertà.

 

Bibliografia libri.

Luciana Percovich, Oscure madri splendenti, le radici del sacro e delle religioni,  le civette di Venexia, 2007
É. Dhorme, Les réligions arabes préislamique d’après une publication récente, 1947. Link: Revue de l’histoire des religions – PERSEE

Bibliografia articoli.

Allah….Allat. Blog: Matriarcato e Matriarchy
Al-‘Uzza, Allat, Manat: le divinità femminili panarabe, pre-islam, 29/04/2016 Blog: circoloipaziaumbertide

Origines de l’islam : ses racines païennes matriarcales – les 3 déesses de la Kaaba. Blog: Le blog de Mahomet
Il nome di Dio nell’Islam. 1998. Blog: italian christian church of God
Riflessioni sulla dea madre nel corano. Blog: figlie della madre

 

 

Immagine di Al-Uzza estratto dal mazzo dei tarocchi Godess Oracle illustrato da Thalia Took. Vai al link:Thalia Took per approfondimenti.

 

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